Il giorno 8 febbraio 1969, in pieno giorno, una luce intensa attraversò i cieli del Messico seguita poi da un forte boato. Parliamo di quella che diventerà (ed è tutt’oggi) la leggenda delle meteoriti: la meteorite Allende.
Il recupero
La meteorite Allende è una delle più grandi meteoriti carbonacee mai recuperate: più di due tonnellate di materiale furono trovate sparse su un’area vasta oltre 150 km². Questo straordinario recupero fu reso possibile dalla rapidità della mobilitazione scientifica, che permise di ottenere campioni poco contaminati, ideali per l’analisi chimica e isotopica.
Allande: una star tra le meteoriti
Allende appartiene alla classe delle condriti carbonacee, e più precisamente al gruppo CV3. Le condriti sono meteoriti non differenziate, ovvero non hanno subito processi di fusione interna. Pertanto, esse conservano la composizione originaria del corpo genitore dal quale provengono. Le carbonacee sono ancora più rare e preziose, perché contengono molecole organiche e minerali idrati che testimoniano l’esistenza di acqua e reazioni complesse nel disco protoplanetario. Allende rappresenta quindi un archivio naturale della storia del Sistema Solare.

Credit: Sothebys
Inclusioni antiche e isotopi speciali
Uno dei motivi che rende Allende unica tra le meteoriti è l’abbondanza di inclusioni ricche di calcio e alluminio, chiamate CAI (Calcium-Aluminum-rich Inclusions). Questi piccoli grumi bianchi, visibili talvolta anche ad occhio nudo nella matrice nera, sono i materiali solidi più antichi conosciuti, risalenti a circa 4,567 miliardi di anni fa.
L’eccesso di isotopi come il magnesio-26, suggerisce che abbiano inglobato elementi radioattivi a vita breve, come l’alluminio-26, prodotti da eventi estremi come le supernove. Ciò avvalora l’ipotesi secondo cui il collasso della nebulosa primordiale sarebbero da attribuire ad una supernova.

Le sorprese sono finite?
Niente affatto. Allende, infatti, contiene anche grani presolari, cioè minerali formatisi prima della nascita del nostro Sole. Questi grani si sono originati all’interno di stelle morenti – come giganti rosse o supernove – e sono stati espulsi nel mezzo interstellare, per poi essere coinvolte nel processo di formazione del Sistema Solare.
Allende, dunque, non solo racconta la storia del nostro Sistema Solare, ma conserva anche frammenti delle stelle che lo precedettero. Le analisi isotopiche condotte dalla NASA e da altri centri di ricerca hanno dimostrato che i grani presolari in Allende sono decisamente abbondanti rispetto ad altre meteoriti conosciute.
La meteorite Allende: non solo elementi inorganici
Un’altra caratteristica peculiare di Allende è la presenza di composti organici complessi come idrocarburi policiclici aromatici (PAHs), alcoli, acidi carbossilici e persino aminoacidi. La cosa più sensazionale è che questi composti non sono causa di contaminazione terrestre! Queste molecole non derivano da contaminazione terrestre: studi effettuati hanno dimostrato che i pattern isotopici di idrogeno e carbonio non corrispondono a quelli terrestri.
In altre parole, la chimica organica di base – quella che potrebbe portare alla vita – era già attiva nello spazio, miliardi di anni prima che comparisse la vita sulla Terra.
Conclusione
Allende è diventata un modello di riferimento nella cosmochimica. Essa è davvero come un libro cosmico in cui sono narrate le origini di tutto ciò che a noi è oggi noto. Non esiste praticamente uno studio moderno sulla formazione del Sistema Solare che non citi Allende. I suoi campioni sono custoditi nei più grandi musei e laboratori del mondo, tra cui lo Smithsonian Institution, la NASA e numerose università.
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Fonti: NASA, ESA, INAF, Nature Astronomy, Astrospace, Space.com, BBC Science, Nature Astronomy.
Articolo di: Giovanni Fanelli