Oggi è banale dire che i continenti si muovano, che le montagne si ergano, che i terremoti scuotano la crosta terrestre. Ma per arrivare a comprendere questi processi del pianeta ci sono voluti secoli di osservazione, esperimenti e rivoluzioni scientifiche.
Quali sono i passaggi più importanti?
I primi indizi: la deriva dei continenti di Alfred Wegener

Credits: INGV
Nel 1912, il tedesco Alfred Wegener teorizzò che i continenti un tempo fossero uniti in un unico supercontinente (la Pangea) e che questo si sia successivamente frammentato in altri continenti. Questa teoria, però, aveva dei fondamenti importanti, prima fra tutte la coincidenza dei margini continentali (es. Africa e Sud America). Inoltre, erano stati individuati resti di fossili simili su continenti oggi separati e lontani (come quelli del Mesosauro). Ma poi, cosa non affatto strana, erano state riscontrate alcune somiglianze litologiche e strutturali tra rocce di continenti diversi.
Sebbene queste evidenze fossero alla portata di tutti, la teoria di Wegener fu respinta dalla comunità scientifica che non riusciva a spiegare il movimento dei continenti.
La rivoluzione della geofisica e della geologia marina
A partire dagli anni ’50 e ’60, la Geologia iniziò a muovere ulteriori passi in avanti per comprendere il fenomeno e, per tale motivo, vi furono diverse novità tra cui:
– Mappatura dei fondali oceanici, con la quale si scoprirono le dorsali medio-oceaniche;
– Espansione dei fondali oceanici.
Queste scoperte portarono alla formulazione della tettonica a placche.
Negli anni ’60, in particolare, la teoria della tettonica a placche prese forma grazie al lavoro di geologi come Tuzo Wilson e Jason Morgan. Secondo essa, la litosfera terrestre è suddivisa in circa 15 placche rigide che si spostano sopra l’astenosfera, vale a dire un livello più caldo e deformabile del mantello.
Le placche possono includere la crosta continentale e/o quella oceanica e si muovono con velocità di pochi cm/anno. Il movimento delle placche è guidato dalla convezione del mantello e dal fenomeno della subduzione (il processo che vede lo sprofondamento della crosta oceanica).

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Ma quanti margini esistono?
I margini sono essenzialmente di 3 tipi:
a. Divergenti (o anche detti costruttivi), dove le placche si allontanano.
b. Convergenti (o distruttivi): dove una placca sprofonda sotto l’altra (come l’Arco delle Ande o nelle zone di subduzione)
c. Trasformi, in cui le placche scorrono lateralmente come nel caso della famosissima faglia di San Andreas. Tutto ciò ha delle conseguenze ben precise sul pianeta. I vulcani, infatti, si formano in prossimità di margini convergenti o divergenti. Ancora, i terremoti si possono generare lungo le faglie trasformi e in contesti di subduzione. E poi, le catene montuose che si originano tramite il processo dell’orogenesi sono frutto della collisione continentale.
Conclusione
La teoria della tettonica a placche è uno dei pilastri fondamentali della Geologia. Grazie ad essa, molte discipline diverse tra loro diventano complementari (geofisica, petrologia, paleontologia) per arrivare alla conoscenza del mondo e dei suoi processi geologici ed è la testimonianza vera e palpabile che La Terra è un pianeta vivo, dinamico e in continua evoluzione.
Tu lo sapevi che i terremoti si generano in punti precisi del nostro pianeta?
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Fonti:
– Kearey, P., Klepeis, K. A., & Vine, F. J. (2009). Global Tectonics. Wiley-Blackwell.
– Tarbuck, E. J., Lutgens, F. K., & Tasa, D. (2017). Earth: An Introduction to Physical Geology. Pearson.
– Fowler, C. M. R. (2005). The Solid Earth: An Introduction to Global Geophysics. Cambridge University Press.
– Moores, E. M., & Twiss, R. J. (1995). Tectonics. W. H. Freeman.
Articolo di: Giovanni Fanelli