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Il vetro del deserto libico: un gioiello venuto dal cielo

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Nel cuore del Sahara, tra le zone aride dell’Egitto occidentale, si trova un misterioso vetro naturale, di colore giallo-verde brillante. È conosciuto come vetro del deserto libico, e la sua origine affascina tanto i geologi quanto gli egittologi.

Di cosa si tratta?

Un vetro più antico delle piramidi

Il vetro del deserto libico (Libyan Desert Glass, o LDG) è un tipo di vetro naturale traslucido che si rinviene in un’area remota del Sahara, nota come Grande Mare di Sabbia, al confine tra l’Egitto e la Libia. Le sue tonalità di colore variano dal giallo al verde oliva, e la sua trasparenza lo rende simile a pietre preziose come il peridoto o il topazio.

Ma ciò che lo rende davvero incredibile è la sua età, riconducibile a circa 28 milioni di anni fa, quindi, molto prima che le civiltà umane iniziassero a costruire le prime infrastrutture. Il vetro del deserto, però, racconta una storia fatta di calore e distruzione: esso è il risultato di un evento cosmico che ha interessato la superficie terrestre in un’epoca da noi lontanissima.

L’evento di formazione

Per interi decenni, geologi e altri studiosi si sono interrogati sull’origine del vetro del deserto libico. Le prime ipotesi suggerivano che si trattasse del prodotto di attività vulcaniche o di fulmini. Però, la composizione chimica e strutturale del vetro ha fornito indizi chiari: si tratta di sabbia “particolare”. Infatti, è un materiale formato da sabbia fusa a temperature elevate, superiori a 1.600 °C.

La teoria oggi più accreditata è quella dell’evento da impatto atmosferico: un asteroide o una cometa avrebbe attraversato l’atmosfera terrestre esplodendo in volo (fenomeno di airburst). L’onda d’urto e l’energia termica prodottisi avrebbero poi dato origine ad un’enorme palla di fuoco in grado di fondere la sabbia che si sarebbe rapidamente raffreddata subito dopo, formando distese di vetro distribuite su un’area di circa 6.000 km².

Ricostruzione grafica di un airburst Credits: SciTechDaily

Altri studi sembrano seguire la linea dell’impatto diretto con la formazione di un cratere, il quale, secondo tali teorie, sarebbe stato eroso nel tempo. Tuttavia, non è mai stato individuato un cratere da impatto associato al LDG, il che rende la sua origine ancora oggi oggetto di ricerca e discussione. Niente panico: gli extraterrestri non c’entrano nulla!

Un parente delle tektiti

Questo tipo di vetro esibisce analogie con le tektiti, frammenti vetrosi generati dalla fusione di rocce terrestri durante impatti meteorici. Le tektiti si trovano in aree ben definite (le strewn fields) come in Indocina, Australia o America centrale.

Come le tektiti, il vetro libico è povero in acqua, ha una struttura amorfa e una composizione fatta da circa il 98% di SiO₂. Per contro, mostra inclusioni di zirconi parzialmente trasformati in baddeleyite (ZrO₂). Questa è l’evidenza schiacciante di temperature oltre i 1.700 °C, compatibili solo con eventi ad alta energia.

La magia dell’Antico Egitto

Il vetro del deserto libico ha anche un profondo significato storico e simbolico, grazie al suo legame con l’Antico Egitto.

Spostiamoci verso Valle dei Re. Nel corredo funerario del faraone Tutankhamon, morto intorno al 1323 a.C., è stato ritrovato uno scarabeo in vetro libico, incastonato al centro pettorale. Questo non era una semplice decorazione, si trattava invece di un amuleto sacro, scolpito in un materiale rarissimo, che gli artigiani egizi dovevano aver raccolto e lavorato con cura.

Pettorale del Faraone con lo scarabeo in vetro libico
Credits: Museodelcieloedellaterra

Per gli Egizi, lo scarabeo stercorario era associato al dio Khepri, simbolo del sole nascente, della rigenerazione e della vita dopo la morte.

È sorprendente pensare che una gemma nata da un impatto extraterrestre sia stata trasformata in simbolo di eternità da una civiltà che scrutava il cielo e da esso predeva spunto per le cose terrene.

Non dimentichiamoci anche del pugnale del faraone, rivenuto sempre nella sua tomba, costruito con ferro meteoritico. Insomma, il faraone “bambino” era considerato davvero il figlio degli dèi in terra e, oltre al legame di sangue con i reali, aveva qualcosa in più: manufatti costituiti da materiale celeste, della stessa sostanza degli dèi.

Conclusione

Questo materiale affascinante non è solo una chicca geologica. È il risultato di un evento incredibile, un “testimone oculare” di quando la Terra veniva ancora colpita da frammenti erranti del Sistema Solare. Esso assume anche una connessionetra cielo e Terra, tra scienza e mito.

Pensate: un materiale creato dall’impatto di un corpo extraterrestre con la nostra atmosfera, raccolto da mani umane migliaia di anni dopo, scolpito e custodito nel pettorale d’oro di un giovane faraone.

Lo sapevi che il pettorale del giovane Faraone non è l’unico oggetto extraterrestre trovato nella sua tomba? Qui trovi un interessante articolo che può illuminarti a tal proposito!

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Fonti

  1. Koeberl, C. (1997). “Libyan Desert Glass: origin and age.” Geological Society, London, Special Publications, 140(1), 145–156.
  2. Osinski, G.R., & Pierazzo, E. (2012). Impact Cratering: Processes and Products. Wiley-Blackwell.
  3. Pratesi, G. et al. (2002). “Libyan Desert Glass: geological and petrological constraints on the formation.” Meteoritics & Planetary Science, 37(9), 1247–1261.
  4. Boslough, M. B. E., & Crawford, D. A. (2008). “Low-altitude airbursts and the impact threat.” International Journal of Impact Engineering, 35(12), 1441–1448.
  5. Wasson, J.T. & Moore, C.B. (1998). “Possible impact origin of Libyan Desert Glass.” Geochimica et Cosmochimica Acta, 62(6), 1249–1254.

Articolo di: Giovanni Fanelli

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